Internet patrimonio di tutti

Fin dalla sua nascita all’interno delle basi militari (1990), Internet ha saputo far parlare di sé. L’importanza del suo esistere è indissolubilmente legata alla sua grande diffusione ed alle possibilità, quasi infinite, che questa applicazione ha saputo prospettare, fin dal momento della sua teorizzazione. La sua applicazione sperimentale si è avuta in alcune università statunitensi. Internet, in un ventennio, ha quindi visto un’espansione colossale. Si stima che oggi la rete abbia più di 700 milioni di utenti, e che la sua diffusione sia ancora in continua espansione. Proprio questo ne fa un mezzo molto conteso. La sua monopolizzazione vorrebbe dire avere la gestione di una quantità colossale di informazioni da tutto il mondo e, sicuramente, introiti vertiginosi.

La prima delle guerre per ‘il monopolio’ di questo mezzo di comunicazione è nata proprio con la sua scoperta. Le basi militari americane, infatti, dopo la diffusione di questo mezzo, si sono viste costrette a creare una loro rete specifica, per evitare che le informazioni riservate trasmesse con esso divenissero di dominio pubblico.

Con la creazione di Arpanet ed il conseguente sviluppo del sistema eseguito dal Cern di Ginevra nel 1991, la diffusione di Internet divenne velocissima. Come si può immaginare, questo fin da subito ha fatto gola a molti. Nel 1995, la Microsoft, fiorente azienda creatrice di Personal Computer, da sempre in conflitto di interessi con la Apple, creò Internet Explorer. Tale programma consente l’accesso diretto in rete. Il risultato conseguente fu che le utenze della sua rete divennero altissime, decretando questa azienda come leader mondiale, proprio grazie alla percentuale di ‘accessi forzati’ in rete. Nel 1998, l’integrazione di Internet Explorer venne inserita in pianta stabile nel programma di gestione base. Esso, in questa maniera, rimaneva sempre connesso con Internet, senza dare modo agli utenti di potersi scollegare dalla rete. Il picco di utenze fu questo, non c’era più bisogno di inserire browser paralleli, poiché gli utenti già trovavano la piattaforma attiva e pronta all’uso. Ben presto, però, l’Antitrust intervenne, per evitare di vedere monopolizzata la rete, e per dare modo anche ad altre case costruttrici di poter proporre i propri ‘prodotti’.